ClimateSeed Blog

Quali sono le differenze tra neutralità carbonica e net-zero?

Scritto da ClimateSeed | 24-giu-2025 13.45.03

In questo articolo, ClimateSeed fornisce alcune chiavi di lettura per comprendere meglio l’uso dei termini “neutralità carbonica” e “net-zero”. L’obiettivo è aiutare le organizzazioni a utilizzare questi concetti in modo corretto, evitando ambiguità e il rischio di essere accusate di greenwashing quando comunicano i propri impegni climatici.

I concetti di “neutralità carbonica” e “net zero” vengono spesso considerati equivalenti, anche se si basano su principi differenti. La neutralità carbonica, definita su scala globale, implica un equilibrio tra le emissioni antropiche di gas a effetto serra e la loro rimozione attraverso pozzi naturali o tecnologici. Il net zero, invece, si applica a entità specifiche, come Paesi, aziende o settori. Questo articolo analizza le principali differenze tra questi due approcci e le loro implicazioni nelle strategie climatiche.

1. Utilizzo dei termini “Net zero” e “Neutralità Carbonica” nei report IPCC

L'IPCC non fa una distinzione esplicita tra neutralità carbonica e net zero, utilizzando questi termini in modo intercambiabile.

Nel suo Rapporto Speciale sul Riscaldamento Globale di 1,5°C (SR15, 2018), l’IPCC definisce le emissioni nette zero di CO₂ come una situazione in cui “le emissioni antropiche di CO₂ sono compensate, su scala globale, dalla rimozione antropica di CO₂ in un determinato periodo di tempo”. La definizione di neutralità carbonica fornita dallo stesso IPCC nel relativo glossario è identica a quella di net zero CO₂ emissions. Questo indica che, all’interno del suo quadro scientifico, l’IPCC considera questi concetti equivalenti quando si parla di CO₂.

Tuttavia, nel dibattito politico ed economico, si sta progressivamente introducendo una distinzione tra i due termini, con l'obiettivo di rendere più chiara la comunicazione.

La neutralità carbonica viene spesso presentata come un obiettivo globale, riferito principalmente alla CO₂, mentre il net zero si applica a entità specifiche — come Paesi o aziende — e riguarda tutte le tipologie di gas a effetto serra. Introdurre questa distinzione consente anche di ridurre il rischio di greenwashing. Infatti, nessuna organizzazione può realmente raggiungere la neutralità assoluta rispetto alle proprie emissioni. Riservare il termine neutralità carbonica all’equilibrio complessivo delle emissioni di gas serra a livello globale permette di contrastare affermazioni fuorvianti da parte di singole organizzazioni che potrebbero far intendere che la loro attività non generi emissioni, o che riescano a neutralizzarle completamente. Inoltre, esistono oggi metodologie e buone pratiche sempre più consolidate che supportano le organizzazioni nel percorso verso il Net Zero.

Pur non facendo una distinzione formale tra questi due concetti, l’uso differenziato dei termini in alcune strategie climatiche risponde all’esigenza di garantire coerenza e trasparenza nella definizione e nell’attuazione degli obiettivi di sostenibilità.

2. Le sfide nel distinguere tra “neutralità carbonica” e “net zero”: implicazioni per le politiche climatiche

Se secondo il glossario dell’IPCC i termini “neutralità carbonica” e “net zero emissions” sono sinonimi, perché allora un uso improprio di questi concetti rischia di generare tanta confusione?

La distinzione tra neutralità carbonica e net zero non è una semplice questione di terminologia, ma incide direttamente sulle politiche climatiche e sulle strategie messe in atto a diversi livelli. Infatti, sebbene l’IPCC utilizzi questi termini in modo intercambiabile, la loro differenziazione nel contesto delle politiche climatiche può avere implicazioni significative, soprattutto per quanto riguarda la definizione degli obiettivi, gli impegni assunti e il monitoraggio dei progressi. Questa distinzione è fondamentale per poter misurare e verificare i risultati rispetto agli obiettivi climatici.

La neutralità carbonica rappresenta un obiettivo globale che richiede un’azione coordinata su scala planetaria, come dimostrano gli impegni internazionali assunti dai governi. Raggiungere questo obiettivo globale implica una forte cooperazione tra i Paesi industrializzati e quelli in via di sviluppo, ciascuno dei quali deve contribuire al raggiungimento della neutralità in base alle proprie capacità e responsabilità storiche.

Al contrario, l’obiettivo net zero viene più frequentemente applicato a soggetti specifici. Il net zero implica una sostanziale riduzione delle proprie emissioni, accompagnata da azioni volte a rafforzare i pozzi di carbonio, attraverso progetti come la riforestazione o la cattura del carbonio.

Ad oggi, lo standard net zero sviluppato dalla Science Based Target Initiative (SBTi) rappresenta la definizione più solida di net zero applicata alle imprese, oltre a fornire una metodologia su cui le aziende possono basare i propri obiettivi di riduzione delle emissioni. Per ottenere la validazione da parte di SBTi, le strategie aziendali devono includere almeno il 95% delle emissioni di scopo 1 e scopo 2, e il 67% delle emissioni di scopo 3 nei propri obiettivi di riduzione al 2030 (Near-term SBTs), raggiungendo almeno il 95% di copertura anche dello scopo 3 entro il 2050 (Long-term SBTs).

3. Il tema del greenwashing: cosa dice la legge sull’utilizzo di questi termini?

L’introduzione di questa distinzione permette anche di controllare meglio i rischi di greenwashing e di rafforzare la trasparenza degli impegni climatici. Infatti, il termine net zero implica una reale riduzione delle emissioni, misurabile e verificabile. Sono sempre più numerosi i vincoli, le normative e gli standard che regolano la comunicazione delle aziende in materia di impegni climatici, con l’obiettivo di garantire trasparenza, accuratezza e di evitare pratiche di greenwashing.

Perché l'uso del termine "neutralità carbonica" per un'azienda è associato al greenwashing?

In questo modo, un Paese o un'azienda che punta al net zero è spinto a rivedere il proprio modello di business, ridurre le emissioni dirette e non accontentarsi di compensazioni insufficienti o poco affidabili. Al contrario, la neutralità carbonica globale, che si basa su meccanismi di compensazione su scala mondiale, potrebbe portare a dichiarazioni fuorvianti se non adeguatamente monitorata. Questa distinzione mira quindi a prevenire il greenwashing, dove entità si dichiarano “carbon neutral” mentre continuano a generare grandi quantità di emissioni senza attuare reali strategie di riduzione.

Riservando il termine “neutralità carbonica” alla scala globale e applicando “net zero” a entità specifiche, possiamo valutare meglio la sincerità e l'efficacia degli impegni climatici. Questo rigore terminologico serve a evitare la concezione errata che un attore isolato possa raggiungere un equilibrio perfetto senza dipendere da una dinamica collettiva. Inoltre, metodologie come lo standard net zero della Science Based Target Initiative stanno diventando sempre più importanti per raggiungere il net zero su scala organizzativa. Il net zero richiede un impegno più concreto e misurabile.

Quali normative regolano l'uso di questi termini?

  • Nel marzo 2023, la Commissione Europea ha presentato una proposta di direttiva per regolamentare le dichiarazioni ambientali esplicite, comunemente note come “green claims”. Questa iniziativa fa parte del Green Deal Europeo, che mira a contrastare le dichiarazioni ambientali fuorvianti e il greenwashing all’interno dell'Unione Europea. Gli obiettivi principali della direttiva sono:
    • affidabilità e comparabilità: garantire che le dichiarazioni ambientali siano affidabili, comparabili e verificabili in tutta l'UE.
    • protezione dei consumatori: proteggere i consumatori dal greenwashing fornendo informazioni trasparenti e accurate.
    • promozione di un’economia verde: facilitare la transizione verso un’economia circolare e verde, permettendo ai consumatori di fare scelte consapevoli.
  • La Direttiva (UE) 2024/825 del 28 Febbraio, 2024 ha l’obiettivo di rafforzare la protezione dei consumatori nel contesto della transizione ecologica, contrastando le pratiche commerciali sleali, in particolare il greenwashing. Gli obiettivi principali sono
    • Rafforzare la fiducia dei consumatori: garantire che le informazioni fornite sui prodotti permettano scelte consapevoli e autentiche.
    • Promuovere pratiche commerciali trasparenti: incoraggiare le aziende ad adottare dichiarazioni ambientali verificabili ed evitare il greenwashing.

    La direttiva dovrà essere recepita nella legislazione nazionale entro il 27 marzo 2026.

 

In sintesi

In conclusione, sebbene i termini “neutralità carbonica” e “net zero” vengano spesso usati in modo intercambiabile, la loro distinzione è essenziale per garantire la trasparenza e la credibilità degli impegni climatici delle aziende. La neutralità carbonica, che mira a un equilibrio globale nelle emissioni di gas serra, non va confusa con il concetto di net zero, che implica azioni specifiche e misurabili a livello organizzativo. In un contesto di normative sempre più rigide e nella lotta contro il greenwashing, diventa fondamentale per le aziende comprendere e applicare correttamente questi concetti, per evitare ambiguità e preservare la fiducia dei consumatori. L’emergere di standard e normative, come la Direttiva Europea di marzo 2023, fornisce un quadro per le dichiarazioni ambientali, rafforzando i requisiti di trasparenza e verificabilità. Adottando pratiche responsabili e trasparenti, le aziende non solo potranno soddisfare i requisiti normativi, ma anche dare un contributo significativo alla lotta contro il cambiamento climatico.

 

Fonti: 

  1. https://www.ipcc.ch/sr15/ 
  2. https://www.ipcc.ch/sr15/chapter/glossary/ 
  3. https://sciencebasedtargets.org/resources/legacy/2020/09/foundations-for-net-zero-full-paper.pdf
  4. https://environment.ec.europa.eu/topics/circular-economy/green-claims_en
  5. https://eur-lex.europa.eu/eli/dir/2024/825/oj?eliuri=eli%3Adir%3A2024%3A825%3Aoj&locale=it