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Economia circolare e Net-Zero: dentro e oltre la catena del valore

Scritto da ClimateSeed | 13-ago-2025 9.23.35

Negli ultimi anni, la percezione delle priorità climatiche e l’evoluzione del mercato del carbonio hanno reso insufficiente la semplice compensazione delle emissioni. Le aziende seriamente impegnate verso la neutralità climatica stanno adottando un approccio più ambizioso: il contributo climatico, che unisce la riduzione effettiva delle proprie emissioni al sostegno di progetti di carbonio al di fuori del proprio perimetro diretto.

Questo approccio si inserisce in una visione più ampia: ogni realtà deve agire prima di tutto dove ha il maggiore impatto sul clima — all’interno della propria catena del valore (acquisti, produzione, logistica, utilizzo del prodotto e fine vita) — e, parallelamente, sostenere con la finanza climatica iniziative complementari che contribuiscano alla neutralità carbonica globale.
È una strategia pienamente coerente con la transizione verso un modello sostenibile e con gli obiettivi internazionali di riduzione dei gas serra.

 

In questo contesto, l’economia circolare riveste un ruolo strategico, offrendo un doppio vantaggio: ridurre concretamente le emissioni in un determinato settore e, in molti casi, generare crediti di carbonio di alta qualità. Questi possono essere acquistati anche da aziende di settori diversi, che desiderano finanziare soluzioni in grado di generare benefici ambientali e sociali duraturi.

In questo articolo vedremo tre esempi concreti di settori in cui l’economia circolare diventa una leva per abbattere le emissioni interne e, al contempo, generare crediti di carbonio a sostegno di progetti climatici al di fuori della propria catena del valore.

Ridurre l’impatto del digitale con il ricondizionamento

Cominciamo con un settore simbolico: il digitale. Spesso percepito come “immateriale”, è in realtà responsabile di circa il 6% delle emissioni globali di CO₂, una quota che potrebbe triplicare entro il 2030 senza interventi concreti. La sola produzione di dispositivi (computer, smartphone, server) genera l’80% di queste emissioni.

Per contrastare questa tendenza, alcune aziende si specializzano nel ricondizionamento IT: raccolgono apparecchiature usate, le riparano e le rimettono in commercio, allungandone la vita utile. I dispositivi non riparabili vengono smontati per recuperare i componenti riutilizzabili, mentre il resto viene riciclato. Oggi, però, solo il 5% circa dei dispositivi a fine vita viene ricondizionato, e paradossalmente una parte significativa dei computer ricondizionati acquistati in Europa arriva ancora da Asia o Stati Uniti.

Sviluppare filiere locali di ricondizionamento è quindi strategico: acquistando da questi operatori, le aziende riducono direttamente l’impronta carbonica delle proprie attività digitali. Inoltre, sostenendo tali progetti tramite crediti di carbonio da evitamento (ogni dispositivo ricondizionato sostituisce uno nuovo, evitando le emissioni legate alla produzione), contribuiscono a diffondere il modello.

Molti progetti hanno anche un forte impatto sociale: alcune organizzazioni formano e impiegano persone escluse dal mercato del lavoro. È il caso di un’iniziativa presente nel catalogo ClimateSeed che collabora con istituti penitenziari, offrendo ai detenuti una seconda possibilità attraverso la formazione nei mestieri del ricondizionamento. Un esempio in cui benefici ambientali, economici e sociali si intrecciano.

Ridurre l’impatto dell’edilizia con il riuso

L’edilizia è un altro settore ad alto impatto: produce circa il 40% delle emissioni globali di CO₂ ed è il maggiore generatore di rifiuti. Oggi la prassi dominante resta demolire e ricostruire.
Tuttavia, stanno prendendo piede approcci innovativi come la demolizione selettiva, il recupero di materiali (legno, metallo, infissi, impianti), il ricondizionamento e la vendita tramite piattaforme digitali.

Questo modello circolare riduce il consumo di materie prime, limita i rifiuti e abbassa le emissioni derivanti dalla produzione di nuovi materiali. Tuttavia, comporta costi maggiori rispetto alla demolizione tradizionale, dovuti alla logistica, alla manodopera e al rispetto delle normative — ostacoli che ne frenano la diffusione su larga scala.

Anche in questo caso la finanza climatica può fare la differenza: i crediti generati dalle emissioni evitate possono colmare il divario di costi, finanziare infrastrutture e rendere il riuso competitivo nel settore edilizio. È una direzione pienamente in linea con una transizione verso un’economia a basso consumo di energia e risorse.

Gestione dei rifiuti: un progetto di economia circolare in Africa

In Africa orientale, un progetto pionieristico trasforma rifiuti organici in risorse preziose grazie all’allevamento della mosca soldato nera. Le larve si nutrono di scarti organici industriali e domestici, trasformando ciò che finirebbe in discarica in proteine di alta qualità per mangimi animali (in sostituzione della soia, che ha un’elevata impronta carbonica).

Ogni tonnellata di rifiuti evitata in discarica riduce le emissioni di metano, un gas serra molto più potente della CO₂. I fertilizzanti organici prodotti vengono venduti agli agricoltori locali, diminuendo la dipendenza da fertilizzanti importati, più inquinanti e meno vantaggiosi per l’economia del territorio. Allo stesso tempo, si riduce l’uso di farine animali e fertilizzanti chimici provenienti da lontano.

Le aziende che utilizzano mangimi o fertilizzanti possono così abbattere la propria impronta ambientale scegliendo soluzioni locali e circolari. Altre, pur non usando direttamente questi prodotti, possono sostenere l’espansione di tali progetti acquistando crediti di carbonio. Si tratta di un modello virtuoso di sviluppo locale sostenibile, in cui economia circolare e transizione ecologica procedono di pari passo.

Per saperne di più sulle motivazioni per cui è importante includere progetti di gestione di rifiuti nel tuo portafoglio, ti consigliamo di leggere questo nostro articolo.

Un approccio integrato per un impatto globale

Questi esempi mostrano un principio chiave: adottando l’economia circolare, le aziende possono ridurre concretamente il proprio impatto nella catena del valore (attraverso forniture responsabili, utilizzo di materiali riciclati o ricondizionati e una gestione efficiente dei rifiuti) e, contemporaneamente, sostenere progetti climatici ad alto impatto oltre il proprio perimetro diretto grazie a crediti di carbonio certificati.

Questa doppia azione — riduzione alla fonte e ampliamento dell’impatto all’esterno — dà pieno significato al contributo climatico: un approccio che supera la logica della “compensazione” per contribuire attivamente alla trasformazione dei modelli di produzione e consumo, alla creazione di occupazione locale e al rafforzamento della resilienza delle comunità.

Scegliere progetti di economia circolare, riuso o valorizzazione dei rifiuti significa adottare una strategia coerente: promuovere soluzioni che allungano il ciclo di vita delle risorse, proteggono l’ambiente e favoriscono uno sviluppo socio-economico sostenibile — agendo sia dentro che fuori la propria catena del valore.

Per saperne di più sul ruolo del biochar nella gestione dei rifiuti, ti consigliamo di leggere il seguente articolo.